di Chiara Scorzoni

Le tracce sono segni lasciati sul terreno durante un viaggio. Per noi sono anche brevi schede utili a ripensare alle persone, ai libri e ai film incontrati durante il percorso di “Anni in fuga” e a uso di chi si sta occupando o si occuperà di temi simili ai nostri. Per chi fosse interessato a visionare i materiali del Comitato può farne richiesta scrivendo a anniinfuga@gmail.com (Comitato Anni in fuga)

Bilal è un diciassettenne curdo, proveniente dall’Iraq. Mina, la sua fidanzata, vive a Londra con la famiglia. Bilal è disposto a tutto pur di raggiungerla. Ma dopo aver attraversato l’Europa con mezzi di fortuna, il suo viaggio si interrompe in Francia, a Calais, città portuale affacciata sulla Manica. Le bianche scogliere di Dover sono a una manciata di chilometri, ma non c’è modo di entrare legalmente nel paese.
Bilal decide allora di attraversare la Manica a nuoto. Con i pochi soldi rimasti, inizia a prendere lezioni da Simon, un ex campione di nuoto con una vita sentimentale in frantumi.
C’è un’espressione in italiano, “trattare qualcuno come uno zerbino”, che potrebbe essere presa come chiave di lettura del film di Philippe Lioret, Welcome (Francia, 2009, 110’). I viaggi dei migranti, come ci ha raccontato Alessandro Leogrande, sono sempre molto lunghi perché, non essendo previste in Europa forme di ingresso legale, è inevitabile entrare clandestinamente, sottoponendosi a lunghi mesi di fatiche e vessazioni, passando da trafficante a trafficante e sborsando cifre iperboliche. Molti, lo sappiano, non arriveranno mai a vedere la terra promessa.

Viaggio bilal

Bilal – il cui viaggio potrebbe essere stato simile a quello descritto dalla cartina – riesce a raggiungere Calais, la città costiera più vicina alle acque inglesi, dove molti fuggitivi, giovani o minorenni, cercano di compiere la traversata “saltando” clandestinamente su camion, treni e traghetti diretti in Gran Bretagna. Ma i moderni mezzi tecnologici, come il rilevatore di calore che si vede in una delle prime scene del film, rendono vani molti dei “salti”, che falliscono ripetutamente.
Calais e Dover sono separati dal Canale della Manica da una distanza di 21 miglia ovvero 33 Km. Una fischiata, tanto che Bilal, mentre si dirige verso il porto, vede nitidamente dalla spiaggia di Calais le bianche scogliere di Dover.

Dover

Se nel momento in cui scrivo qualcuno prendesse il traghetto da Calais (come potrebbe fare Bilal se avesse i documenti in regola) arriverebbe a Dover in meno di due ore, spendendo 36,50€. Quanto spende Bilal nel tentativo di attraversare lo stesso tratto di mare, salendo abusivamente su un camion? Lo dicono nel film: 500€. Ovviamente bruciati, se il tentativo fallisce. E quella cifra va moltiplicata per tutte le piccole tratte che Bilal ha effettuato a partire dall’Iraq.
Il film è del 2009 e parla di fatti che cominciarono negli anni Novanta, quando a Calais iniziarono ad assieparsi profughi delle guerre dell’ex Jugoslavia e continuati poi, a partire dagli anni Duemila, con i profughi di Africa, Oriente e Medio Oriente.
Oggi probabilmente Bilal non potrebbe compiere lo stesso viaggio, perché i confini sono chiusi da muri che dividono l’Europa e costringono migliaia di migranti, anche bambini, a vivere in campi profughi, spesso spontanei che creano vere e proprie “jungles” come quella di Calais, che vediamo in parte nel film, o di Idomeni, in Grecia, al confine con la Macedonia.

confini

La rotta dei Balcani dopo la chiusura delle frontiere: l’opzione albanese (situazione aggiornata al marzo 2016)

Baraccopoli, diremmo se parlassimo di paesi in via di sviluppo, che vengono ripetutamente sgomberate dai governi europei perché la vergogna nel cuore del vecchio continente va spostata dallo sguardo.
La soluzione è, diciamocelo, complicata. Ma quello che ci chiediamo, attraverso questo film e attraverso sguardi e azioni come quelli di Simon, cinquantenne ex medaglia d’oro e istruttore di nuoto, è se sia possibile che singole persone, famiglie, o piccoli paesi come Nonantola possano reagire con maggiore efficacia, umanità e buonsenso alla fame di vita di persone che, come Bilal, chiedono solo la possibilità di raggiungere i propri affetti, o di trovare un lavoro decente, di avere il diritto di studiare o di professare liberamente la propria religione, il proprio orientamento sessuale ecc…

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La “giungla” di Calais

E allora torno all’immagine iniziale, lo zerbino con la scritta che dà il titolo al film, immagine che traduce, con amara ironia, il “benvenuto” che l’Europa riserva a molti forestieri e che nel dirimpettaio di Simon si trasforma in delazione. Simon infatti – che per la prima volta, forse per far colpo sulla ex moglie di cui è ancora perdutamente innamorato – si prende cura di Bilal, infrangendo così la legge vigente del codice penale francese, rischiando di subire un processo per favoreggiamento all’immigrazione clandestina che potrebbe comportare una multa di 30mila€ e una condanna fino a 5 anni di reclusione.
È solo un film, si dirà. Ma la situazione è realistica: in Francia nel 2009 sono state arrestate migliaia di persone per questo e oggi in Italia, a Udine, tanto per citare un esempio a noi vicino, poche settimane fa ad alcuni volontari dell’Associazione Ospiti in Arrivo è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari per i reati di invasione di edifici e favoreggiamento della permanenza di stranieri presenti illegalmente in Italia. Perché? Perché un gruppo di persone ha scelto di prestare assistenza (portavano coperte, cibo, informazioni legali…) a profughi che avevano presentato domanda di asilo alla Questura di Udine, ma dormivano per strada e ricevevano un solo pasto al giorno.
È possibile oggi, a Nonantola come da qualsiasi parte, immaginarsi un’accoglienza spontanea come quella che Naii ha offerto a Bashù o Simon a Bilal? O l’unica strada possibile è mettere davanti alle persone la frontiera più grande, quella imposta dalla legge (e dalla retorica, paralizzante, della crisi economica) che non tiene conto delle storie e dei desideri delle persone, ma preferisce pensare agli esseri umani in termini economicistici e burocratici, rendendoli fantasmi o subumani come i “polli” di Pane e cioccolata?