Certo ci sono anche le grandi questioni, i grandi numeri: sono circa 100mila le persone attualmente in accoglienza in Italia, e 50/60mila quelle uscite nell’ultimo anno e mezzo, molte delle quali non ancora regolarizzate. Ci sono i governi, italiani ed europei, che hanno traballato o sono caduti sul tema dell’immigrazione, e altri che si sono rinforzati.
Ma noi vogliamo partire da Nonantola, dalle persone che qui sono “accolte”, sessantacinque, all’incirca, tra uomini, donne e soprattutto ragazzi. Più quelli che se ne sono andati da poco. E se è da Nonantola che vogliamo partire, non è per provincialismo o per guardarci l’ombelico, ma perché è ragionando sulle persone in carne e ossa, “alla spicciolata”, che abbiamo qualche chance di fare le cose “per bene”.
A discutere delle grandi questioni, dei grandi numeri, è un attimo finire nell’astrazione, nello scontro ideologico, nell’impossibile quadratura del cerchio. E la conseguenza è che la barca delle politiche migratorie, continui ad andare alla deriva, come sta facendo in questo momento.
In queste settimane si ricomincia a riparlare di “accoglienza”, di proroghe, di aumento delle risorse. Ma forse è venuto il momento di mettere da parte il purgatorio dell’accoglienza e di dare finalmente una possibilità a persone che abbiamo tenute “appese” per due, tre, quattro anni. Persone che nonostante tutto lavorano, che hanno costruito relazioni, affittato una casa, preso la patente e che in alcuni casi partecipano attivamente alla vita della comunità.
La precarietà della loro condizione giuridica ha determinato in questi ultimi anni il proliferare di situazioni di illegalità e sfruttamento diffusi (nel mercato del lavoro e in quello degli affitti è ormai evidentissimo). Cosa succederà quando dalla precarietà passeranno alla clandestinità?
Ragionando alla spicciolata ci si accorge che il nodo, in questo momento, è per così dire prepolitico: se lasciamo che le cose seguano il loro corso, un corso profondamente irrazionale prima ancora che ingiusto, che ne sarà delle persone che abbiamo conosciuto in questi anni? E del tempo, delle energie, delle risorse che noi e loro abbiamo speso?
Sono queste alcune delle domande che una piccola delegazione nonantolana ha posto due settimane fa al viceministro degli Interni e che alcune realtà del territorio riprenderanno sabato prossimo, 22 febbraio, alla presenza di Gianfranco Schiavone, Chiara Marchetti (redattori dell’ultimo rapporto sull’asilo in Italia della Fondazione Migrantes) e del vescovo di Modena don Erio Castellucci. Un incontro che vorremmo il più possibile “cittadino”, non “specialistico”. Dove ognuno si senta libero di dire quello che vede e pensa. E soprattutto dove cercare possibili vie d’uscita dall’imbuto in cui siamo finiti.
[…] degradanti che mi sia capitato di vivere è da ricercare negli esiti di un incontro pubblico – Il collo dell’imbuto – che avevamo organizzato appena prima del lockdown in cui abbiamo cercato di fare il punto sullo […]