di Guido Viale
Giornali, televisione e social sono fra i principali responsabili della difficoltà di interazione e integrazione tra italiani e stranieri. Rincorrono e amplificano paure e stereotipi, alimentano senso comune e ansie irrazionali. Non approfondiscono, non aiutano a comprendere. Codificano un pensiero-massa che è diventato l’unico bacino da cui le persone traggono argomenti di discussione. Una discussione che diventa immediatamente lagna, livore, accuse generiche, astratte e non circostanziate alla politica. Il contrario insomma della “critica”.
Non cerchiamo quindi nei giornali, nella televisione e nei social informazioni o analisi utili al nostro lavoro culturale e di integrazione, ma solo sintomi e indizi che confermino o al contrario che mettano in crisi le idee che andiamo costruendo nel nostro lavoro territoriale. (Comitato “Anni in fuga”)
Di seguito alcuni passaggi di un intervento di Guido Viale (uscito sul Manifesto del 24 agosto 2016) che, come fa da tempo, usa i problemi dei profughi come “lente di ingrandimento” per vedere meglio i nostri problemi, le loro cause e le lotte che varrebbe la pena intraprendere per superarli.
[…] Impossibile cambiar rotta senza sovvertire la visione del mondo che mette al centro i totem della competitività e del merito, sostituendola, a tutti i livelli, con pratiche, progetti e rivendicazioni improntate a solidarietà e collaborazione. Ma da dove cominciare? Da ciò che sta al centro dello scontro politico, sociale e culturale di oggi, quello da cui dipende il destino dell’Europa: l’accoglienza. […]
Certo, tutta la miseri a del mondo non possiamo accoglierla: va distribuita equamente per combatterla ovunque. Ma un po’ ne possiamo accogliere. E molta di quella miseria è già qui. L’abbiamo creata noi, senza bisogno di importarla: nei ghetti urbani, con la disoccupazione e il precariato, coni working poor, con le nuove povertà, nell’abbandono dei giovani.
Dobbiamo forse respingere altrove anche questa? E dove? E come? Non è che milioni di cittadini europei sono disoccupati o emarginati perché il loro posto, o il loro welfare, o le loro case vengono dati ai profughi. È che si respingono profughi e migranti (o li si tiene a far niente in isolamento, incattivendoli e suscitandone il risentimento) perché si è già verificato che quelle stesse cose si possono far fare a milioni di europei. Il riscatto degli uni non può avvenire senza quello degli altri. […]
Dobbiamo far nascere in noi la capacità di confrontarci con ciascuno di loro senza pretese di superiorità; “imparando a imparare” ciascuno da tutti gli altri, come tante esperienze di incontro tra i bambini nelle scuole ci fanno vedere. Le risorse umane per promuovere la solidarietà non mancano: bisogna valorizzarle meglio. Quelle finanziarie neanche; ma sono state sequestrate dalle politiche di austerità. Se gli 80 miliardi che la Bce regala ogni mese alle banche in cambio di carta straccia venissero destinati a progetti di conversione ecologica ci sarebbero occupazione, reddito e futuro per tutti: cittadine e cittadini europei, profughi e migranti.
Il respingimento dei profughi ha davanti solo un futuro di guerre, razzismo, miseria e apartheid. La ricostruzione dell’Europa è invece legata alle opportunità che ci offrono i profughi con il loro arrivo, le loro vicende, la loro presenza. Ma anche allo slancio con cui migliaia di persone, e soprattutto di giovani, si adoperano per rendere meno acute le loro sofferenze.
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