Estrapolate da varie interviste rilasciate in occasione dell’uscita di Miracolo a Le Havre, nel 2011, le affermazioni di Kaurismaki che abbiamo montato di seguito sembrano quelle di un predicatore fanatico impegnato a insegnare al prossimo come gira il mondo e come renderlo migliore. Ma il regista finlandese è molto lontano dal voler moralizzare il pubblico attraverso i suoi film. E comunque è necessario fare la tara dell’ironia laconica e sorniona di cui Kaurismaki si arma tutte le volte che deve confrontarsi con la stampa, i giornalisti e i media.
Ciò non toglie che l’eccentricità, la libertà di stile, l’utopia stralunata di Miracolo a Le Havre qualcosa da insegnare ad “Anni in fuga” e a Nonantola ce l’hanno eccome.

Da cosa è nata l’idea del film?
Prima di tutto ho visto troppi notiziari sugli emigranti dall’Africa metà dei quali affogano nel viaggio, mentre l’altra metà che riesce ad arrivare viene subito arrestata. Vengono arrestati perché non hanno i documenti o se li hanno vengono rispediti indietro e mi sono stancato di ricevere questo tipo di notizie quindi ho pensato che potevo fare un umile film su questo.


In Francia il nostro motto è “Liberté, égalité, fraternité”. Sembra che lei abbia scelto l’ultimo: la fraternità, la fratellanza.
Gli altri due sono sempre stati troppo ottimistici. Ma la fratellanza esiste ovunque, anche in Francia!

Questa “fratellanza” tra gli abitanti del quartiere dei pescatori di Le Havre salva il bambino del film, ma nella realtà non esiste, giusto?
Io spero proprio di sì, invece, altrimenti staremmo già vivendo in quella società di formiche prossima ventura di cui parlava spesso Ingmar Bergman.


Cosa pensa degli abitanti di Le Havre?
È gente molto orgogliosa con una logica poco francese. Hanno una logica unica. Sono orgogliosi di vivere a Le Havre e a loro non interessa Parigi.

Qual è l’essenza del suo film Miracolo a Le Havre?
L’amore, l’onestà. Questo genere di cose.
Non abbiamo molto tempo per queste cose. Saremo liberi fino alla fine di marzo dopo non ci sarà più speranza. Avremo raggiunto il punto in cui avremo finito di uccidere oceani e foreste. Alla fine di marzo, il 27. Non potremo tornare indietro e vivremo la condanna dell’essere soltanto umani, ovvero moriremo.

Non potremo fare niente?
No, non dopo.

E prima?
Ci sono i sognatori.

Vuole aggiungere qualcosa?
Devo dire una cosa: rispettate gli altri perché sono gli unici che avete.